Chi comanda i nostri destini e perché lo fa?
Le nuvole, le lacrime delle nuvole hanno scritto e ogni giorno scrivono la nostra storia.
Ci parlano, ci scelgono per farci scoprire che il mondo è dentro di noi.
Il libro inizia narrando di un uomo e di una siccità ...

INTRODUZIONE

Questa storia l'ho concepita durante un giorno di ferie leggendo da un giornale la notizia di un'ennesima tragedia di persone morte nel Mar Mediterraneo a causa del rovesciamento di un'imbarcazione carica all'inverosimile di migranti.

A fianco della notizia veniva riportato anche un commento di un politico sulla vicenda, che mi ha provocato lo sdegno dentro al cuore.

Molti dei miei familiari hanno dovuto emigrare e io, nato anche grazie ai loro stenti, ho visto in quelle persone morte, la sorte che sarebbe potuta essere stata riservata a uno di loro.

E' abbastanza risaputo che in tempi passati anche noi italiani emigravamo senza contratti di lavoro e con mezzi di fortuna; conoscevamo i passeur, gente che come adesso prometteva posti di lavoro e facili guadagni all'estero in cambio di denaro. Sono trascorsi molti anni, ma ancora non riesco a vedere dove noi eravamo diversi da quei disgraziati che oggi cercano in Italia una vita migliore. Sembra quasi che abbiamo perso la nostra memori collettiva, forse l'abbiamo volutamente cancellata perché sentirci addosso un passato di miseria non ci fa, come dovrebbe, capire che siamo molto più ricchi di quel che può offrirci l'agiatezza. Mi riesce difficile immaginare che i nostri avi, persone senza un'adeguata istruzione, non potessero avere dei sentimenti uguali o migliori dei nostri. Indubbiamente la nostra conquista dell'istruzione ci fa supporre di essere superiori, ci porta a giudicare quasi tutti come persone senza anima, senza cuore e non avvezze a sentimentalismi, ma ritengo che ogni essere vivente possa a suo modo vivere in completezza la sua vita, con le sue paure le sue gioie e le sue emozioni.

Quello che sento nei racconti di genti passate è come l'umanità nella miseria sia stata il collante di intere generazioni, di come nessuno venisse dimenticato o abbandonato al suo destino.

Dovremmo cercare, anche in noi stessi, quali siano le vere ricchezze dell'uomo, cosa nel mondo sia più importante: arricchire la nostra anima o lasciarci guidare da quelle caste di persone che pensano e agiscono per nostro conto.

Con queste premesse, non certo nuove, non credo di poter attirare la vostra curiosità sul mio romanzo, ma forse, più che un libro scritto per voi, è un libro scritto per me, pensando di poter accrescere anche di poco la mia anima, per un domani migliore.

Rileggendolo, però, mi sono accorto che molti passaggi e molti ragionamenti erano interessanti e che avrebbero potuto incuriosire anche altre persone. Alla fine ho pensato che mi dispiaceva tenerlo in un cassetto solo per mio diletto.

Di seguito, una sinossi del racconto.

Estate 1928, una normale siccità...

Come può essere vista da una persona di umili origini, senza istruzione e senza adeguate risorse per sopravvivere? Sicuramente come una tragedia, un evento nefasto che potrà portare solo dolore, lutti e miseria.

Nel nostro caso il protagonista, al quale non è stato dato volutamente dato un nome, si trova nella condizione di dover fare i conti con questa realtà e la scelta più ovvia diventa andare alla ricerca di un lavoro.

Nel Friuli dell'epoca, uniformato nella miseria, un lavoro diventa qualcosa di introvabile e l'unica soluzione possibile rimane l'emigrazione verso terre lontane già da tempo meta di altri suoi connazionali.

La casualità farà incontrare al protagonista un passeur che, in cambio di un compenso economico, lo farà emigrare dall'Italia clandestinamente, senza un contratto di lavoro ed in maniera rocambolesca, facendolo approdare alla fine in Argentina.

Durante quell'esperienza si trova a dover fare i conti con un mondo che non conosce e che non lo conosce. In questo contesto comprende che in fondo anche lui come persona non si conosce e non si è mai conosciuto.

A mano a mano che vive questa esperienza comincia a conoscersi e a riflettere su ciò che la vita rappresenta per la sua persona. Questo permette al protagonista di poter entrare sempre più spesso in contatto con il suo intimo per cercare di capire cosa sia l'anima ed il senso della vita. Acquisisce una consapevolezza di sè e della realtà di ciò che gli sta attorno percepita come uno specchio della nostra storia; comprende che tutti nel mondo sono sostanzialmente uguali e tutti cercano a loro modo di sopravvivere.

Rientrando dall'Argentina, trova un'Italia diversa da quella che aveva lasciato; un'Italia cresciuta anche grazie alle rimesse monetarie degli emigranti. Un Paese capace di generare lavoro, benessere e ricchezza che ora dovrebbe condividere con quelle persone, di altre nazioni, meno fortunate e povere.

L'Italia, però, ed è una sua certezza, difficilmente aiuterà quei poveri e disperati che si affacceranno ai nostri confini. La ricchezza che abbiamo generato è diventata parte integrante della nostra realtà rendendoci irriconoscenti verso i nostri simili.

Con amarezza, il protagonista giunge alla conclusione che noi italiani prima eravamo solo poveri. Poveri di qualcosa di concreto e al tempo stesso mancante: il cibo. E constata che arricchendoci siamo rimasti sempre poveri, non più di cibo, ma di umanità. Ed è questa la nostra nuova povertà, la nostra nuova miseria, la nostra nuova siccità.

Fin qui parzialmente la storia raccontata nel libro, immagino che non ci sia niente di nuovo rispetto a tutti quei libri che negli anni sono stati scritti sulle tragedie di popoli alla ricerca delle loro terre promesse, dove poter vivere in pace. Sinceramente tutti pensiamo di trovare questa terra,  ma nel nostro cuore sappiamo che non potrà mai essere così. Ci mancherà sempre qualcosa. 

Proviamo a immaginare la storia raccontata da una diversa prospettiva. La siccità che preoccupa il nostro protagonista può essere interpretata come la mancanza di una propria storia personale, una vita limitata da nessuna esperienza al di fuori del piccolo paese se non obbligata dalla tragedia della guerra. Una vita, sostanzialmente vuota, e un'anima sempre più arida. L'emigrazione si può interpretare come la voglia di una persona di arricchirsi, di ricercare quell'acqua che potrà che potrà nutrire l'anima e permettere a qualsiasi vita di prosperare e produrre frutti. Trovare il lavoro, è trovare quella sorgente che grazie al denaro, può costruire una tranquillità psicologica per non ricadere nell'aridità e nella miseria.

Inizialmente il protagonista riconduce la sua situazione alla mancanza d'acqua e solo al rientro dall'Argentina scopre l'oceano, una immensa riserva d'acqua che lo fa riflettere sul perchè una persona debba vagare per il mondo a causa della mancanza di quell'acqua che ha bruciato miseri raccolti in un piccolo terreno di un paese sperduto del nord Italia.

L'emigrazione diventa quindi un modo per conoscere il mondo, genti diverse, nuove usanze, nuova acqua per l'anima e, quando la stessa si sarà dissetata, potrà capire che una siccità in fondo è una benedizione, uno stimolo dato dal caso o da una realtà superiore per poter permettere alle persone di integrarsi nel mondo.

Ecco le siccità che nella nostra vita affrontiamo, sono solamente delle prove che ci vengono poste per accrescere quell'anima che portiamo dentro di noi e che potrebbe essere molto più vecchia di quanto crediamo.

In una delle ultime pagine del libro, l'amico morente del protagonista pensando a chi possa essere Dio, arriva ad immaginare che potrebbe essere l'acqua stessa, onnipresente nel mondo, capace annaffiando la terra di rendere visibile l'invisibile. Acqua che si rende visibile ai nostri occhi attraverso le sue diverse forme quali acqua, ghiaccio, vapore, neve come in maniera diversa noi vediamo o chiamiamo Dio a seconda delle religioni in cui crediamo.

Non so se un racconto visto e descritto in questa maniera possa diventare per voi qualcosa di nuovo, di inedito. Ci ho provato, prendendo spunto da un semplice articolo di giornale. Forse anche la mia vita è stata in qualche modo innaffiata da qualcosa che non ho visto, non ho sentito, ma che scrivendo e rileggendo il libro ho percepito essere accanto a me, a noi. Da sempre. 





Mi chiamo Biasatti Armano, sono nato nel 1962, e risiedo a Beano, una frazione del comune di Codroipo (UD). 

L'orto cosciente della morte, è il mio primo romanzo ed è stato concepito, come scritto nell'introduzione, leggendo l'articolo di un giornale e delle successive frasi a commento di un politico. Da quel giorno, sono passati diversi anni e devo dire che nonostante il tempo trascorso nulla è cambiato, anzi, l'anormalità di quella tragedia, si è trasformata in una quotidianità, ed i nostri cuori, forse al tempo più sensibili, si sono progressivamente induriti, quasi a non sentirli più.


Il libro, prodotto in self publishing, attualmente è in distribuzione in alcune edicole e presso la libreria di Codroipo (UD). 

Può essere consultato, letto o preso a prestito presso la Biblioteca Civica di Codroipo (UD). 


Per chiunque volesse acquistarlo, il costo di una singola copia è di 14,00 euro, e vi arriverà al vostro domicilio (in Italia) senza ulteriori spese, tramite il servizio postale - pieghi di libri

per eventuali acquisti potete utilizzare il sito EBAY inserendo il nome del libro, oppure vi prego di inviare email come suggerito a fondo pagina (a eventuali ordini effettuati su altri siti, non verrà dato seguito). 

il codice ISBN del libro è il seguente 979-12-200-4573-5

Per eventuali contatti e suggerimenti, vi prego di utilizzare l'email:  l.orto.cosciente.della.morte@gmail.com preimpostata cliccando sul banner a fine pagina.






C'è sempre un "adesso è il momento" anche per chi non vuol cambiare.